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È vero che i dolcificanti fanno dimagrire? Ne parlo oggi per la Gazzetta di Parma

in Nutrizione

 

I dolcificanti aiutano a dimagrire?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda una quantità massima di zuccheri pari al 10% delle calorie giornaliere assunte, ma gran parte della popolazione supera questa soglia, soprattutto bambini. Difronte alle numerose evidenze scientifiche che collegano il consumo eccessivo di saccarosio e bevande zuccherate a obesità, malattie metaboliche ed altri esiti avversi sulla salute, in molti si astengono dagli zuccheri e li rimpiazzano con dolcificanti artificiali come strategia popolare per salvaguardare la salute e gestire il peso corporeo. Infatti, poiché questi dolcificanti – aspartame, acesulfame-potassio, saccarina, sucralosio, glicosidi steviolici, neotame, advantame – contengono poche o zero calorie, ci si potrebbe aspettare che possano contribuire a risparmiare energia e quindi a dimagrire senza però rinunciare al piacere del gusto dolce e all’appetibilità di cibi e bevande. La loro diffusione nell’industria alimentare è aumentata a dismisura e li troviamo ormai dappertutto: dalla bustina per addolcire il caffè, alle bibite, succhi di frutta, yogurt, biscotti, barrette energetiche, marmellate, caramelle e gomme da masticare, tutti prodotti etichettati come “light” o “senza zuccheri”, nella convinzione generale che siano surrogati sani dello zucchero con il potenziale di combattere l’aumento mondiale del diabete e dell’obesità. 

Sostituire gli zuccheri con dolcificanti artificiali: ecco cosa succede

Ma allora come mai, nonostante l’ampia diffusione di tali prodotti “dietetici”, la prevalenza globale dell’obesità e delle malattie metaboliche continua a crescere? Quali sono le reali conseguenze del consumo di questi sapori ingegnerizzati sulla salute e peso corporeo? Rimane ancora un argomento molto dibattuto all’interno della comunità scientifica, ma è da escludere che i dolcificanti siano composti inerti per l’organismo. Infatti molte evidenze scientifiche li associano a disregolazione metabolica, alterazione dell’appetito e degli stimoli di fame e sazietà, obesità, sindrome metabolica e diabete di tipo II.

Non contengono calorie ma sono fino a migliaia di volte più dolci del saccarosio e capaci di influenzare negativamente diversi processi fisiologici coinvolti nella regolazione del peso corporeo. Dopo l’ingestione, l’informazione gustativa è regolarmente recepita dai recettori del gusto dolce T1R2/T1R3 presenti nelle papille gustative della cavità orale, ma il messaggio biochimico veicolato è falsato perché tale sapore, sebbene così intenso e persistente, non è coerentemente associato alla presenza di nutrienti e calorie per l’organismo. Di conseguenza i meccanismi endocrini e nervosi che consentono di processare il cibo e regolarne l’assunzione si alterano, perturbando la risposta dell’organismo all’ingestione e riducendo la secrezione degli ormoni della sazietà. Anche l’impatto sul cervello non è positivo, perché nonostante la loro dolcezza intensa, attivano debolmente il sistema della ricompensa e gratificazione cerebrale, alimentando la ricerca di ulteriore cibo per essere più soddisfatti. Dunque, il rischio che si incorre consumando cibi dolcificati è di andare incontro ad una compensazione energetica, ovvero l’organismo reso così insaziabile e insoddisfatto, tenderà entro breve tempo a ricercare altro cibo e ad incamerare più calorie di quanto realmente necessiti, aumentando in questo modo il peso corporeo. Ad aggravare queste conseguenze biologiche concorre anche il meccanismo psicologico per cui ingerire bibite o snack zero calorie consenta di risparmiare calorie e quindi autorizzi automaticamente a mangiare porzioni maggiori di cibo e a concedersi “sgarri” in più.

Forse l’unico indiscutibile vantaggio dei dolcificanti è che aiutano a ridurre le carie dentali grazie alla loro capacità di inibire la crescita microbica dei patogeni parodontali. Il problema però è che questo effetto batteriostatico non è limitato agli abitanti microbici della bocca, ma si estende anche a quelli nell’intestino, fondamentali per molti aspetti della salute come metabolismo, bilancio energetico e sistema immunitario. A tal proposito è stato dimostrato che l’esposizione a saccarina modifica la composizione dei taxa batterici del microbiota intestinale aumentando il rapporto firmicutes/bacteroidetes, marcatore tipico dell’intestino di soggetti affetti da obesità. Si ritiene che questa disbiosi prodotta sia responsabile di alterare il modo in cui l’organismo metabolizza gli zuccheri, promuovendo intolleranza al glucosio, obesità e diabete di tipo II. Vi sono anche prove preoccupanti che i dolcificanti possano influenzare lo sviluppo delle preferenze per gusti dolci nei bambini. Contrariamente alle aspettative, questo problema origina molto precocemente perché l’imprinting dei gusti inizia durante lo sviluppo fetale, per cui una alimentazione materna ricca di dolcificanti potrebbe formare la preferenza per gusti dolci nel proprio bambino e avere importanti implicazioni per il suo futuro dal momento che si associa ad una elevata probabilità di sviluppare precocemente sovrappeso e obesità.

La Gazzetta di Parma

Isabella Lelli | Nutrizionista Parma Siena Grosseto

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